La banda del buco

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La banda del buco non è solo un film commedia diretto da Mario Amendola e datato 1960, ma è anche il nome di un gruppo criminale che tra la fine di dicembre 2016 e i primi mesi di gennaio 2017 si rese protagonista, in appena tre mesi, di 49 furti.

I ladri, che si muovevano a bordo di auto di grossa cilindrata rubate, misero a segno la maggior parte dei colpi nella zona dell’Emilia-Romagna, anche se in un’occasione si spostarono addirittura fino a Verona.

La loro specialità erano soprattutto i negozi di biciclette costose e i garage dei privati. E proprio in due garage, il primo situato in Corso Piave, il secondo in via Magenta, si trovava anche la loro base di ricettazione, dove nascondevano la refurtiva per poi smontarla e consegnarla ai corrieri di fiducia che la portavano nei paesi dell’Est.

Le indagini, coordinate dalla Procura di Bologna, iniziarono proprio da Ferrara, dove si trovavano i due garage.

La prima volta la banda riuscì a sfuggire alla cattura, speronando la pattuglia dopo un inseguimento terminato nella zona di Ca’ di Fabbri. La seconda volta invece, avvenuta il 16 gennaio 2017, la macchina dei ladri si schiantò contro un muretto, quindi gli occupanti, per evitare la cattura, furono costretti a scappare a piedi lasciando dietro di loro degli indizi preziosi.

Grazie a quegli elementi, le forze dell’ordine riuscirono non solo a ricostruire l’organigramma della banda del buco e a seguirne gli spostamenti tramite l’uso del gps, della telematica e delle intercettazioni telefoniche, ma anche le tecniche di furto utilizzate.

Un esempio? Per quanto riguarda i garage, il sistema era quello del piccolo foro praticato accanto alla serratura oppure del taglio netto dei cardini.

Le tecniche dei ladri si rivelarono però ancora più raffinate nei casi dei negozi di bici costose. In un’occasione, oltre ad eludere del tutto il sistema di allarme, erano riusciti a prelevare diverse biciclette con un uncino ricurvo assicurato ad una corda calata dal lampadario.

Per comunicare la banda usava i social network, come Facebook, e faceva anche uso di un linguaggio in codice, ma una volta fece un errore che gli costò caro.

I ladri, dopo aver messo a segno l’ennesimo colpo, riaccesero i cellulari e parlarono della loro impresa appena compiuta e della modalità di piazzare la merce, dando agli investigatori numerose prove del loro coinvolgimento.

Quell’unico errore consentì anche agli agenti di arrestare i membri della banda del buco. Gli arresti, sette in totale, sono stati eseguiti il 9 agosto 2017.

Lieto fine? Mica tanto: nello stesso periodo infatti i Carabinieri di Ferrara, coordinati dal pm Alberto Savino, avevano sgominato un’altra banda del buco.

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